PER L’IMU LE IMPRESE CONSIDERATE COME BANCOMAT
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L'Organo Direttivo di Confartigianato deve purtroppo constatare che alle categorie produttive l'Amministrazione Comunale di Taranto ha prestato ben poca attenzione. Lo dimostrano le modalità applicative dell'imposta.
Per le attività produttive l'Amministrazione ha preferito raccogliere a piene mani tutto ciò che era possibile applicando un'unica aliquota del 10,6 per mille (come Milano e Roma) - il massimo consentito per legge - a tutti gli immobili, dai laboratori ai negozi, dai capannoni ai beni merce delle imprese edili, senza distinzione alcuna. E nemmeno senza badare alle condizioni di utilizzazione dell'immobile, ovvero se questo sia locato, invendibile, sfitto e via dicendo.
Mentre la vicina Brindisi applica il 8,6 per mille e Matera il 7,6 per mille.
Come a dire che a Taranto il proprietario di un capannone che non trova un'impresa a cui locarlo sia equiparabile al proprietario di un appartamento sfitto, quasi come se la crisi economica fosse virtuale, come se i dati di apertura di nuove imprese fossero numeri a caso. Insomma, l'immobile produttivo, sia questo un negozio, un laboratorio, un'officina, una grande impresa, viene considerato né più né meno alla stregua di un bancomat.
Confartigianato ribadisce con forza, che i capannoni, i laboratori non sono ville sul lago e pertanto richiedono l'applicazione di un'aliquota minima. Non si è mai detto di non voler pagare, che sia chiaro. Si è semplicemente e legittimamente chiesto che le attività produttive, vera risorsa del territorio, non vengano penalizzate e considerate un mero patrimonio invece che opportunità occupazionale e di sviluppo economico. Gli immobili strumentali all'attività delle imprese non sono seconde case. Il valore dei capannoni, delle officine, dei laboratori sta crollando sotto i colpi della crisi e l'Imu schiaccerà ulteriormente le micro imprese diffuse sul territorio, una vera e propria rete di contenimento della disoccupazione che però non potrà sopportare a lungo il 55% di tassazione complessiva.
Gli imprenditori sono gente concreta, abituata a cogliere non solo i contenuti economici, ma anche il sottinteso: e qui il non detto è che l'Amministrazione pensa che le categorie degli artigiani, dei commercianti, delle piccole medie imprese produttrici, possano contribuire alla finanza locale a prescindere dagli ordini di lavoro che non arrivano, dai tempi dei pagamenti non rispettati, dal difficile accesso al credito bancario, dall'aumento di addizionali regionali e comunali, dal carico fiscale complessivo che non ha eguali in Europa, alla stagnazione dei consumi, e da una crisi territoriale economica ambientale e sociale tutta tarantina che sta provocando ulteriori "danni diretti" su produzione e consumi dell'intero territorio.
Il risultato certo è che in taluni casi, rispetto all'anno scorso, la rata a saldo dell'Imu ha raggiunto incrementi anche del 120%, a prescindere da fatto che sull'immobile gravi un mutuo piuttosto che un leasing. A proposito, anche questa poteva essere una condizione rispetto alla quale diversificare le aliquote, se si fosse voluto dare un segnale di attenzione alle categorie produttive.
La cosa che più fa male in questa vicenda è questa mancanza di attenzione, l'incapacità di comprendere che oggi la sopravvivenza stessa delle imprese, e con essa la salvaguardia dell'occupazione, passa attraverso politiche di tassazione attente, lungimiranti, che non si fermino davanti all'immediata esigenza di cassa. Era così difficile cercare di modulare le entrate dell'Imu anche alla luce delle nuove categorie di immobili chiamate a pagare questa imposta? Non fa parte delle funzioni di un'Amministrazione comunale equilibrare il peso del gettito fra i diversi componenti della propria comunità? Non era proprio possibile alleggerire il peso impositivo che grava sulle categorie produttive? Le modalità si possono trovare, basta volerlo. E si tratta di una questione non solo economica, ma anche di dignità.
Il Segretario Provinciale
Fabio Paolillo