L’Ufficio studi di Confartigianato ha calcolato infatti che da gennaio 2010 a gennaio 2011 la media dei rincari ha sfiorato il 33%.

Un’impennata che può provocare un effetto dirompente sui costi sopportati dalle imprese manifatturiere italiane per l’acquisto di beni necessari alla produzione: tradotto in denaro, Confartigianato stima un impatto potenziale di 155 miliardi di euro in più in un anno.

Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte e Puglia sono le regioni in cui è più forte la ripercussione sulle imprese, mentre, a livello settoriale, l’impennata dei prezzi colpisce soprattutto la metallurgia e l’alimentare con rincari medi delle materie prime rispettivamente del 37,1% e del 39,3%.

Ma i rialzi sono ben più alti se si considerano singoli materiali come il cotone, salito del 147% in 12 mesi, la  gomma, + 91,3%, lo stagno, la cui quotazione è aumentata del 65,5%, il frumento rincarato del 73,%.

Le tensioni sui mercati energetici connessi con le turbolenza di questi mesi dei paesi del bacino del Mediterraneo determinano pressioni rilevanti anche sui prezzi al consumo dei beni energetici pagati dalla famiglie italiane.

A febbraio, i prezzi al consumo dell’energia risultano in salita del 9,8%, con marcate tensioni per i carburanti: il prezzo della benzina registra un tasso di crescita tendenziale dell’11,8%, quello del gasolio per mezzi di trasporto arriva ad un incremento su base annua del 18,0%.

Colpite soprattutto le imprese dell’autotrasporto. Basti pensare che tra gennaio 2009 e gennaio 2011 il costo del gasolio per autotrazione è aumentato del 51,5%.

La fiammata dei prezzi sta mettendo a dura prova gli imprenditori artigiani costretti a comprimere i margini di guadagno. Secondo Confartigianato, nel periodo che intercorre tra l’acquisizione delle commesse e la consegna del prodotto finito, i continui rincari dei prezzi erodono il margine di profitto dell’imprenditore fino addirittura ad annullarlo o, nel peggiore dei casi, costringendolo a lavorare in perdita.